Viterbo, feto abbandonato in un cassonetto
La madre: “è stato un gesto disperato”. La Curia attacca la legge sull’aborto
IL FATTO – Risale a giovedì pomeriggio il ritrovamento, da parte della Polizia, di un feto di sette mesi, appena partorito e gettato via in un cassonetto dell’immondizia nel quartiere Carmine.
Per ora, si attende l’esame autoptico, disposto dagli inquirenti, per chiarire ogni dubbio.
Non si sa infatti se la bimba di sette mesi abbandonata, fosse già morta nel momento in cui la madre l’ha lasciata in un cassonetto, o se il decesso sia avvenuto proprio a causa dell’abbandono.
Quindi, grazie all’autopsia, si potrà accertare se si sia trattato di aborto clandestino o no.
La madre, una ragazza 24enne dell’Europa dell’Est, giunta all’ospedale Belcolle a causa di una grave emorragia, ha poi ammesso ai medici quanto era accaduto.
Alla Polizia, che l’ha interrogata, avrebbe dichiarato che si è trattato di un “gesto di assoluta disperazione”.
Gli inquirenti continuano le indagini, perché si pensa che la ragazza possa non aver agito da sola.
Al momento, la 24enne è ancora all’ospedale Belcolle, ma è sottoposta a stato di fermo.
LA CURIA – Quanto è successo, non ha lasciato indifferente la Curia Vescovile di Viterbo.
In una nota, si legge che “la scioccante notizia appresa dagli organi di stampa del ritrovamento in un cassonetto della nostra Città di un feto morto provoca sconcerto e dolore.
La comunità ecclesiale – pur rifuggendo da facili giudizi e da avventate stigmatizzazioni, nell’assoluto rispetto degli Organi competenti alle indagini – non può certamente rimanere indifferente di fronte ad un fatto così tragico che lascia ogni viterbese attonito e senza parole.
La vita umana, infatti, è sacra e inviolabile e come tale va rispettata, difesa, amata e servita dal concepimento alla morte naturale. E la Chiesa non si stanca di annunciare con coraggiosa fedeltà il Vangelo della vita, ben sapendo che “il Vangelo dell’amore di Dio per l’uomo, il Vangelo della dignità della persona e il Vangelo della vita sono un unico e indivisibile Vangelo” (Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, 2)”.
E ancora, riprendendo un passaggio dell’enciclica di Giovanni Paolo II, la Curia prende una posizione chiara contro la legge sull’aborto: “Il fatto che le legislazioni di molti Paesi abbiano acconsentito a non punire o addirittura a riconoscere la piena legittimità di pratiche contro la vita è insieme sintomo preoccupante e causa non marginale di un grave crollo morale (Evangelium Vitae, 4), per il quale i delitti contro la vita, come ad esempio l’aborto e l’eutanasia, vengono interpretati come legittime espressioni della libertà individuale da riconoscere come veri e propri diritti”.