Categorie: Cronaca

Viterbo, scoperta frode milionaria a Civita Castellana

Una complessa indagine avviata dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Civita Castellana, ha portato alla scoperta di un sodalizio di persone, legate anche da vincoli familiari, operanti nella zona di Civita Castellana, finalizzato alla truffa a danno degli istituti di credito tramite emissione di fatture per operazioni inesistenti. Le persone interessate si servivano di diverse società, anche c.d. “cartiere”, e di alcuni prestanome per simulare una solidità economica attraverso giri di ingenti somme di denaro a mezzo di bonifici, assegni, contanti, finanziamento soci e ottenere così, grazie a pseudo garanzie, indebite disponibilità finanziarie a danno di vari istituti di credito.

Le somme venivano poi ripartite all’interno di una ristretta cerchia di persone e le società stesse venivano poi sistematicamente portate al fallimento. L’articolata indagine di polizia giudiziaria ha permesso anche l’individuazione di un secondo gruppo societario strettamente collegato al primo, ma operante a Roma, che utilizzava il medesimo meccanismo fraudolento.

L’esame dei conti correnti bancari da parte dei finanzieri, ha dimostrato anche in questo caso l’utilizzo spregiudicato, nei “rapporti infragruppo”, di “giroconti”, traslazioni di crediti e debiti tra le varie imprese, non giustificabili da ragioni plausibili se non da manovre ad hoc, la cui finalità era quella di occultare la complessiva situazione di insolvenza della compagine imprenditoriale, spostando, di volta in volta, la liquidità disponibile per manifestare solidità finanziaria e trarre in inganno il sistema bancario.

Una volta ricostruita la vera compagine sociale che di fatto muoveva le fila di tutta l’organizzazione, sono state imputate agli amministratori le ipotesi di reato di “bancarotta fraudolenta” e di “distruzione o occultamento di scritture e documenti contabili” con la denuncia alla Procura della Repubblica di Roma di 14 responsabili, per i quali in questi giorni l’A.G. procedente ha richiesto il rinvio a giudizio. L’indagine ha permesso di scoprire complessivamente una consistente evasione fiscale per circa 25 milioni di euro nonché l’individuazione di 600 lavoratori per i quali il datore di lavoro non ha provveduto a versare le ritenute IRPEF operate.

Redazione

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